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Nella potenza dell’atomo la potenziale distruzione dell’uomo

Leonardo Maresca 4^P (Introduzione, conclusione e coordinamento); Andrea Corazza 4^P (Informazioni tecniche); Enea Turra 4^P (Storia e Disarmo). Alessandro Maresca (collaborazione esterna)

6 agosto 1945, Hiroshima

Un’arma mai testata prima sull’uomo viene sganciata sul Giappone, causando un bollettino di distruzione e morte di gran lunga superiore a quello di qualsiasi tipo di armamento visto prima. Si parla di “Little Boy”, “Ragazzino” in italiano , la prima bomba nucleare utilizzata dall’uomo, che, insieme a “Fat Man”, “Uomo Grasso”, lanciata 3 giorni dopo sulla città di Nagasaki, pose ufficialmente fine alla Seconda guerra mondiale, ponendo le premesse per la cosiddetta “Guerra Fredda”. Oggi, a più di mezzo secolo di distanza, l’avanzamento della scienza ha reso queste armi ancora più devastanti e semplici da produrre, rendendo la minaccia nucleare sempre più grande e pericolosa.

È stato questo il tema della mostra Senzatomica, tenuta a Bologna e in altre città: informare e sensibilizzare le persone su queste tematiche spesso tralasciate o sminuite. La presenza massiccia di armamenti nucleari nei depositi delle varie nazioni (si stima un numero di ordigni quasi uguale a quello dei giorni passati dal bombardamento di Hiroshima e Nagasaki) è diventato consuetudine per la nostra società, e armi dal potenziale così grande vengono sminuite a “deterrenti”, quasi come una garanzia di pace ed equilibrio tra le nazioni. Che di pace ed equilibrio hanno sicuramente poco, dal momento che la presenza di armi di questo genere causa un aumento delle tensioni che spinge le nazioni a una vera e propria corsa agli armamenti, come fu tristemente dimostrato durante la Guerra Fredda.  La mostra, gestita dalla divisione italiana della Soka Gakkai, ha avuto luogo in diverse città di Italia, con questo obiettivo: portare in primo piano questi topic spesso sottovalutati tramite una percorso che parte da molto più lontano del Progetto Manhattan,  che rende questa iniziativa non solo una denuncia contro questo tipo di armi ma una riflessione sui motivi profondi dei problemi di questa società.

La mostra punta molto, infatti, sull’esame dei motivi psicologici e profondi che spingono l’uomo alla violenza per tutelare sé stesso e ciò che ama, generando un sistema macroscopico di conflitti microscopici che possono tradursi in problemi enormi per la società. L’evento tratta dunque dei problemi dei Paesi che vivono nella fame e nella povertà, del consumismo sfrenato che porta a rovinare sé stessi e il prossimo, del senso di insicurezza che spinge l’uomo all’aggressività. Soka Gakkai ha dunque allestito un viaggio che parte dai meandri della psicologia umana arrivando al problema sempre più pressante delle armi da distruzione di massa, in particolare quelle ancora legali: le armi a detonazione atomica.

La potenza in un atomo

Per parlare di armi nucleare, è necessario iniziare con qualche nozione tecnica. Vengono definite armi nucleari tutte le armi che sfruttano reazioni di fissione nucleare e/o di fusione termonucleare. Le armi nucleari rientrano nella categorie delle armi di distruzione di massa. Gli altri ordigni di distruzione di massa riconosciuti sono le armi biologiche (strumento di offesa al fine di diffondere, mediante la contaminazione e il contagio, un agente microbiologico nocivo o una tossina da esso prodotta), le armi chimiche (armi che utilizzano le proprietà tossiche di alcune sostanze chimiche per uccidere, ferire o neutralizzare il nemico) e le armi radiologiche (armi designate a spargere materiale radioattivo con l’intento di uccidere esseri umani e causare danni ad una città o una nazione).

Trinity test. La sequenza delle immagini è pubblicata sul sito progettohumus.it

La prima arma nucleare fu costruita in Messico ad opera di un team multinazionale di scienziati guidati da Robert Oppenheimer. Del team faceva parte anche l’italiano Enrico Fermi. La prima bomba di prova fu fatta esplodere a terra il 16 luglio 1945 nel deserto del Nuovo Messico. Già dalla prima detonazione si intuirono gli effetti devastanti che poteva avere questa bomba; bisogna considerare che nel corso degli anni grazie alle nuove tecnologie gli effetti sono diventati più letali e distruttivi.

 

Effetti di un’esplosione nucleare

Il primo effetto chiaramente visibile è il cosiddetto fungo atomico, una colonna di vapore, residui e detriti che si solleva per molti chilometri dal luogo dell’esplosione (quello di Hiroshima fu di 18 km). Oltre al calore e all’onda d’urto, comuni a tutte le esplosioni, vi sono quattro caratteristiche specifiche delle esplosioni nucleari: il lampo, l’impulso elettromagnetico, la radioattività e l’effetto NIGA (Neutron Induced Gamma Activity). Il lampo, intensissimo e visibile perfettamente anche da migliaia di chilometri, è causato dalla quantità enorme di fotoni che vengono sprigionati dall’innesco della reazione nucleare: la sua intensità è tale da accecare permanentemente chiunque sia rivolto verso l’esplosione.

L’impulso elettromagnetico viene causato da una temporanea separazione di cariche elettriche che genera un campo elettromagnetico istantaneo, contemporaneo al lampo: a distanza di alcuni chilometri dal sito dell’esplosione si posso ancora avere tensioni indotte nei circuiti elettrici di molte migliaia di volt che portano in genere alla immediata distruzione degli stessi se non sono appositamente schermati: questo effetto può essere usato per paralizzare le comunicazioni degli apparati elettronici del nemico. Parallelamente al lampo si verifica anche una fortissima diffusione di raggi gamma.

Dopo l’esplosione, la materia coinvolta nello scoppio, che è stata resa radioattiva dalle reazioni nucleari e scagliata in aria, inizia a ricadere (fallout nucleare) creando una zona di forte radioattività attorno al punto dell’esplosione: questa radioattività va attenuandosi con il tempo ma può permanere a livelli pericolosi per decenni, rendendo la zona inabitabile. Gli effetti sull’ambiente sono devastanti, infatti per molti anni le piante faticano a crescere e le persone che restano nella zona sono soggette a terribili mutazioni. L’ultimo è l’effetto NIGA: se la zona dove avvengono le reazioni nucleari viene a contatto con il suolo, lo irraggia con neutroni rendendolo fortemente radioattivo.

Tutti questi effetti sono stati studiati esaminando i numerosi test nucleari, condotti sul nostro pianeta, compiuti dai vari stati, primo fra tutti gli Stati Uniti:

– Stati Uniti 1054
– Russia 715
– Francia 210 (test effettuati nel deserto dell’Algeria)
– Cina 45
– Regno Unito 45 (test effettuati in Australia)
– Pakistan 6
– Sudafrica e Israele 1

 

L’ultimo test effettuato risale al febbraio 2013 operato dalla Corea del Nord la quale sta iniziando in questi anni a dotarsi di un arsenale di bombe atomiche. Ricordiamo che la Corea del Nord è governata da una spietata dittatura, che ha isolato il Paese dal resto del mondo e che investe in armi nucleari mentre la gran parte del popolo coreano soffre la fame.

Secondo la FAS (Federation of American Scientists), con i dati aggiornati al 18 dicembre 2012, questo è l’arsenale a disposizione degli Stati dotati di armi nucleari.

– Russia 8.500
– Stati Uniti 7.700
– Francia 300
– Cina 240
– Regno Unito 225
– Israele 80
– Pakistan 90
– India 80
– Corea del Nord 10

In totale le testate nucleari dispiegate sono quindi 17.225.

Questa corsa agli armamenti e questa proliferazione di armi nucleari è iniziata in un periodo di forti tensioni nel dopo guerra, la cosiddetta “Guerra Fredda”. Fu definita così la contrapposizione che venne a crearsi tra due blocchi internazionali, generalmente categorizzati come Occidente (gli Stati Uniti d’America e gli alleati della Nato) ed Oriente, più spesso chiamato blocco comunista (l’Unione Sovietica e gli alleati del Patto di Varsavia). Nel conflitto strategico tra queste due superpotenze uno degli elementi principali fu la supremazia tecnologica come il miglioramento e il rafforzamento di armi di distruzione di massa o il progresso in campo spaziale. La Guerra Fredda si concretizzò di fatto nelle preoccupazioni riguardanti le armi nucleari; da entrambe le parti veniva l’auspicio che la loro semplice esistenza fosse un deterrente sufficiente a impedire la guerra vera e propria. In effetti non era da escludere che la guerra nucleare globale potesse scaturire da conflitti su piccola scala, e ognuno di questi aumentava le preoccupazioni che ciò potesse verificarsi.

Durante il periodo di guerra fredda gli arsenali nucleari delle due superpotenze vennero costantemente aggiornati e ingranditi fino ad arrivare agli ultimi anni del conflitto (1979-1989), nei quali vennero negoziati una serie di accordi, denominati accordi SALT, che portarono a sostanziali riduzioni del numero di ordigni strategici. Ma la contrapposizione tra una corsa al riarmo apparentemente irrefrenabile e continui tentativi di controllo degli armamenti negoziati tra USA e URSS o nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazione Unite (ONU) fu costante. L’arsenale atomico non fu mai utilizzato perché, se utilizzate, tutte le armi nucleari avrebbero potuto distruggere l’umanità diverse volte. Il momento di maggior tensione fu nella crisi missilistica di Cuba (1962) dove fu necessario l’intervento del presidente degli Stati Uniti, John Kennedy per scongiurare la guerra nucleare. Dopo la caduta del muro di Berlino (1989) si può dire che le forti tensione della guerra fredda si allentarono.

Disarmare: quanto è possibile?

Appena la notizia dei bombardamenti nucleari sul Giappone fu di dominio pubblico, la comunità internazionale cominciò a riflettere sul pericolo rappresentato da queste armi. Ne scaturirono varie proposte e movimenti per il disarmo nucleare, ovvero il progetto che mira a smantellare ogni ordigno nucleare presente al mondo. I tentativi per il disarmo furono molteplici. Nel periodo precedente e corrispondente alla guerra fredda le proposte per l’abolizione delle armi nucleari furono essenzialmente flebili e comunque avanzati ora dagli USA ora dall’Unione Sovietica solo al fine di svantaggiare o eliminare gli avversari dalla corsa agli armamenti. Solo nel 1953, con il discorso di Dwight D. Eisenhower, il Governo USA manifestò per la prima volta l’intenzione di cambiare effettivamente atteggiamento privilegiando gli usi civili dell’atomo piuttosto che quelli militari, attraverso l’istituzione di un organismo internazionale per la promozione degli usi pacifici del nucleare e uno sforzo fra Paesi per la distribuzione dei radioisotopi a scopi civili e industriali, argomento che sfociò nella conferenza mondiale delle Nazioni Unite tenutasi a Ginevra nel 1955, chiamata “Atoms for Peace” (Atomi per la Pace), la prima riunione a livello internazionale fra scienziati per lo sviluppo di una tecnologia.

Inizialmente la conferenza andò per il meglio ma un accordo fu impossibile a causa dei disaccordi sulle regole di controllo tra l’URSS e gli Stati Uniti. Durante gli anni ’60 crebbe la sensibilità popolare verso le armi nucleari e in particolare verso i test nucleari e il fallout radioattivo, dei quali si comprese in quegli anni la vera pericolosità: nel 1963 fu firmato a Mosca il “Partial Test Ban Treaty” (Trattato sulla parziale messa al bando dei test), che introduceva il divieto assoluto di test nucleari sottomarini, nell’atmosfera o nello spazio esterno. In seguito nel 1968 fu sottoscritto il “Trattato di non proliferazione nucleare” che, basandosi su tre principi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare, proibisce alle nazioni prive di tali armamenti di tentare di procurarsene e a quelle detenenti di trasmettere alle prime conoscenze belliche o materiali utili allo scopo. Questo trattato fu messo in atto solo nel 1970,il Sudafrica vi aderì nel 1991, Francia e Cina nel 1992 e la Corea del Nord, che lo sottoscrisse nel 1985, visto che non accettò le ispezioni di controllo, si ritirò da esso nel 2001. Furono conclusi altri trattati minori tra gli Stati in possesso di ordigni nucleari fino ad arrivare agli accordi START, volti a limitare le modalità di utilizzo e la quantità di bombe nei depositi delle nazioni.

Inizialmente questi programmi dovevano interessare solo Stati Uniti e Unione Sovietica, ma con il tempo si sono estesi a tutti gli Stati in possesso di armi nucleari e grazie a ciò è stato possibile eliminarne circa l’80% in circolazione. Nel nuovo millennio la sensibilizzazione globale al problema delle armi nucleari è stata notevolmente incrementata grazie alla nascita di numerose associazioni e movimenti di protesta contro queste discutibili creazioni dell’uomo. Le armi nucleari nei depositi delle nazioni costituiscono una pericolosa fonte di tensione per la pace globale, e per giunta, la crisi economica minaccia la situazione diplomatica tra gli Stati; è per questo motivo che è importante trovare un accordo a livello internazionale per garantire una situazione di pace

Senza Atomica

Immaginare un mondo senza atomica, nel bene e  nel male, è certamente difficile. Dopo aver eseguito una opera colossale di disarmo nelle varie nazioni, è effettivamente imprevedibile come potrebbero reagire esse a una tale mancanza. In assenza delle bombe nucleari forse la tensione generale si allevierebbe, ma a causa di questo potrebbe verosimilmente avverarsi un aumento delle forze armate per ovviare alla mancanza di “deterrenti” per i conflitti. Certamente l’assenza di un rischio concreto del lancio di una arma di distruzione di massa sarebbe un grosso passo avanti, ma non risolverebbe gran parte dei problemi che affliggono il mondo, dal momento che la presenza degli ordigni non è causa, ma effetto di essi. E, come logica suggerisce, eliminare gli effetti può essere un lenitivo, ma non una vera cura: finché le cause che spingono le nazioni ad armarsi e non avere fiducia negli altri persisteranno, verranno generati sempre nuovi problemi che dovranno essere a loro volta risolti.

È dunque qui che entra in gioco la mostra Senzatomica, che non si accontenta di analizzare la tematica nucleare, ma che scavando in profondo cerca di porre una soluzione il più radicale possibile ai problemi che affliggono la società di oggi.

Fonti: Wikipedia, sito Senzatomica, TURCHETTI, Simone, Il Caso Pontecorvo, Sironi editore

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