Scienze dell’Educazione (UniPd)

L’Associazione Voci Globali ha organizzato due interventi presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Padova, all’interno del corso di Teorie e Tecniche delle Comunicazioni di Massa, consistiti in due distinte lezioni tenute da Davide Galati in collaborazione con il Prof. Manlio Piva il 13 dicembre 2011 e il 12 dicembre 2012.

La prima lezione, dal titolo “Alla ricerca del mouse“, oltre a fornire un’introduzione generale ai social media e al citizen journalism, approfondiva il dibattito sul ruolo del Web 2.0 per il cambiamento sociale, mettendo a confronto le posizioni opposte di due importanti studiosi quali il cosiddetto “cyber-ottimista” Clay Shirky e il “cyber-agnostico” Evgeny Morozov, concentrandosi inoltre su un esempio concreto di come gli strumenti online possano farsi fattori di democrazia, ovvero il fenomeno delle Primavere Arabe.

Se Clay Shirky, docente alla NY University e autore del libro “Surplus cognitivo”, sottolinea come i social media consentano inedite opportunità di organizzazione dei cittadini, i quali possono accedere a visibilità globale anche con scarse risorse, Evgeny Morozov, ricercatore, blogger e autore de “L’ingenuità della rete” mette al contrario in luce l’utilizzo dei social media che ne fanno i regimi autoritari, i quali adottano questi mezzi per affinare le proprie strategie di propaganda e controllo.

In effetti la partita tra libertà e controllo è aperta: se sono senz’altro un esempio positivo i fenomeni di mobilitazione sociale come le Primavere Arabe, appaiono decisamente scoraggianti le frequenti notizie che confermano le capacità di sorveglianza e controllo dei governi anche nei Paesi considerati maggiormente democratici, ad esempio negli USA.

Anche nel caso dei moti arabi si è potuto osservare il contrasto tra i tentativi di repressione dei regimi e il (almeno temporaneo) successo dei movimenti, che hanno fatto ampio uso degli strumenti online tra i quali Twitter e Facebook. Tale successo non è peraltro frutto dell’improvvisazione (semplicistico l’uso di denominazioni quali “Twitter revolution“) ma di un decennale percorso di maturazione dei network locali a partire dalle prime chat e forum del Web 1.0, reti di blogger che col tempo hanno consolidato anche reti reali rafforzando le capacità di protesta sulle piazze. Dal 2008 Facebook ha aggiunto alla maturata cultura politica i numeri, mentre Twitter ha funzionato come tam-tam organizzativo. Un’intera generazione ha potuto dunque partecipare con nuovi mezzi di comunicazione politica all’evoluzione del proprio Paese.

La forza virale dei video partecipativi su Youtube: “Egyptian Uprising”, 419.726 click

 

La seconda lezione, dal titolo “Un’introduzione ai media digitali 2.0“, si è concentrata invece maggiormente sul rapporto tra il citizen journalism e il giornalismo tradizionale, proponendo anche un confronto tra i due diversi linguaggi.

Vi sono diversi approcci alla definizione di “citizen journalist”: c’è chi (ad es. S.Maistrello) vede nel giornalista partecipativo soprattutto una persona / cittadino che trovandosi nei pressi di un evento – incidente, catastrofe, conflitto – abbia la prontezza e la competenza per utilizzare la Rete e sappia farsi fonte di informazione. Altri (ad es. G.Carotenuto), a partire dalla caduta di credibilità delle grandi testate e dal problema della concentrazione dell’informazione nelle mani di pochi, vedono come prospettiva per l’informazione la “biodiversità informativa”, assegnando al citizen journalist un ruolo più ampio.

Da molto tempo si assiste in effetti al declino (confermato drammaticamente anche nel 2013 dalle cifre sull’editoria italiana) del giornalismo mainstream. La crisi del modello economico tradizionale, l’assoggettamento al mercato pubblicitario, la crescente precarizzazione dei giornalisti, la ridotta indipendenza di pensiero per l’appartenenza a grossi gruppi economici e/o politici, l’appiattimento spesso osservabile su forme di “pensiero unico”, ed infine l’avvento di Internet, sono tutti fattori che hanno contribuito alla crisi del settore.

D’altronde anche il Web 2.0 è tutt’altro che esente da difetti: le esperienze di giornalismo cittadino presentano spesso un’impronta dilettantistica; le quantità enormi di contenuti creano disorientamento; la maggiore velocità di informazione implica senz’altro una minore qualità; senza parlare del problema della veridicità delle informazioni e verifica delle fonti — si veda ad esempio il bailamme accaduto dopo l’attentato alla Maratona di Boston.

Il futuro dell’informazione non potrà dunque vedere un conflitto tra i due modelli ma, com’è peraltro già in corso, per quanto in maniera non sempre convincente, un’ibridazione tra essi.
In una prospettiva giornalistica, molti giornali si appoggiano ormai, in particolare per l’Estero, su network di giornalisti freelance; si può puntare alla distribuzione in syndication dei contenuti; alcune volte sono le ONG a fornire supporto economico alle testate.
Nella prospettiva dei social media, la lezione ha dato ampio risalto all’esperienza di Global Voices (nel cui ambito italiano si è formata l’Associazione Voci Globali), aggregatore di notizie nato dalla collaborazione tra l’attivista Ethan Zuckerman e l’ex-giornalista della CNN Rebecca MacKinnon.

Global Voices è un progetto globale senza fini di lucro centrato sui citizen media, ideato presso il Berkman Center for Internet and Society della Harvard University. E’ un’ONG-ponte, ovvero un aggregatore di media partecipativi (blog, social network) orientato a favorire l’ascolto, il dialogo e la connessione tra le persone. Non è portavoce ma dà voce a soggetti o comunità altrimenti condannati al silenzio o al disinteresse. Fisicamente si costituisce come una comunità internazionale composta da oltre 400 tra autori, coordinatori regionali e traduttori volontari che localizzano e contestualizzano le notizie quotidiane di Global Voices in 27 lingue diverse. Global Voices ha sviluppato partnership con media tradizionali quali The Guardian, Reuters, Al Jazeera; in Italia è in corso una collaborazione con La Stampa attraverso la rubrica “Voci Globali”, attiva dal 2010.

Per conoscere la realtà di Global Voices consigliamo la visione della “Ted Conference” di Ethan Zuckerman che segue, dal titolo “Listening to Global Voices” (anche con sottotitoli in italiano).

Listening to global voices
Listening to Global Voices

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