La Rete e i diritti umani, un rapporto complesso
(Anna Masetti e Elena Passini, con la collaborazione di Ilaria Tarozzi – 4^H)
Qual è il rapporto tra i nuovi strumenti d’informazione e comunicazione on line e la difesa dei diritti umani? Quanto tali mezzi garantiscono e permettono una maggiore diffusione di informazioni?
Vogliamo cominciare sottolineando l’impossibilità di una totale e libera propagazione di certe notizie dovuta a vincoli giuridici quali il segreto di stato. Questo comporta l’omissione di determinate notizie e la loro mancata divulgazione, Secondo noi questo lede il diritto alla libertà di stampa.
Emblematico è il caso dell’operazione condor, alla fine degli anni ’70 in America Latina, divenuta teatro di un vero e proprio massacro. La scellerata uccisione di migliaia di persone attuata dagli apparati militari con l’intento di reprimere il comunismo – o comunque l’opposizione – da queste aree, è rimasta infatti celata fino ai primi anni Novanta. È allora che sono stati scoperti e successivamente resi pubblici gli archivi del terrore che registravano gli innumerevoli assassinii e rapimenti. Se in quegli anni ci fosse stata la Rete le notizie sarebbe circolate? Forse Wikileaks avrebbe aiutato come nel caso della guerra in Iraq.
Un altro fattore che limita la diffusione di notizie è la censura, intesa come controllo della comunicazione o di altre forme di libertà (libertà di espressione, di pensiero, di parola) da parte di un’autorità.
Le tecniche di filtraggio delle notizie variano da Paese a Paese e vengono anche discusse a livello legislativo dai capi di Governo. In “Si addensano le nubi sulla libertà digitale?” si parla proprio del controllo che gli Stati esercitano sulla Rete e dei tentativi di censura da parte di Governi occidentali, attraverso leggi che regolino il comportamento in Rete.
Inoltre – a nostro avviso – la moltitudine di informazioni, a volte fra loro contraddittorie, a cui abbiamo accesso attraverso Internet, invece di garantire una maggior presa di coscienza dell’individuo rischiano di confonderlo. Ecco perché è indispensabile che il cittadino, il blogger, che voglia contribuire alla diffusione di informazioni attraverso i social network trasmetta notizie precise e dettagliate, cercando di creare un dialogo con i lettori e renderli partecipi e consapevoli.
Esempio dei benefici di Internet sulla diffusione capillare di informazioni è la Twitter Revolution. Al di là delle tante opinioni, anche discordanti, non si può negare che i social media abbiano avuto una grande importanza nella propagazione di informazioni sulle proteste nei vari Paesi, soprattutto sugli avvenimenti della Primavera Araba.
In conclusione diremmo che i mezzi di comunicazione di cui disponiamo oggi permettono una diffusione su larga scala in tempi più rapidi. Tuttavia è fondamentale non attribuire il merito di tale diffusione ad uno strumento quanto alla presa di coscienza e alla volontà del singolo.
L’abitudine rende sopportabili anche le cose orribili. (Esopo)
Se non potete eliminare l’ingiustizia, almeno raccontatela a tutti. (Alì Shariati)
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(Eleonora Deluca, Matilde Matarazzo, Eleonora Spurio, Lucrezia Vita Finzi 5^F, Francesco Perlini 4^F)
Il web ha migliorato il mondo? Grazie ad Internet è più facile porre fine ai soprusi, difendere i diritti umani e contrastare in maniera incisiva le scelleratezze che continuamente li violano?
Certo grazie a blog e social network è più semplice interagire e informarsi su problemi che avvengono in qualsiasi luogo del mondo.
Video, foto, messaggi e dati sono accessibili a un gruppo sempre più vasto e meno elitario: ciò dovrebbe aumentare la coscienza individuale su certe tematiche. E qualche volta avviene.
Come nel caso di Malala Yousafzai, studentessa pakistana che rivendicava su un blog il diritto all’istruzione per sé e per le ragazze della sua età. Malala, nonostante la giovanissima età, è adesso un simbolo di libertà e rivendicazione dei diritti fondamentali, ed è stata candidata al premio Nobel per la Pace 2013.
In realtà, il web può essere usato anche in maniera distorta e addirittura portare alla violazione di diritti umani: video che hanno lo scopo di diffamare singoli o minoranze o il cyber-bullismo, con la diffusione di immagini imbarazzanti o violenze verbali o reali a danno di coetanei.
Il cyber-bullismo ha già avuto conseguenze terribili, come il suicidio di ragazzi che erano stati a lungo “maltrattati” in Rete. Citiamo l’episodio della quattordicenne inglese Hannah Smith, che nell’agosto scorso si è tolta la vita a causa delle ripetute offese ricevute dai compagni su un social networking, che consente agli utenti di interagire in anonimato.
Se, quindi, da un lato la Rete ha offerto nuovi modi per difendere i diritti umani – come le campagne on line di Amnesty International o Change.org – altrettanti ne ha offerti per attaccarli. E, come per ogni strumento a disposizione dell’uomo, sta nelle decisioni di questo farne un uso corretto. Insomma, come abbiamo analizzato in classe, bisogna agire sulla coscienza dell’individuo anziché limitare con leggi e divieti l’uso di Internet nei casi di abusi o cattivo uso del mezzo.
In ogni caso, noi crediamo che chi desidera informarsi sui diritti umani abbia, rispetto al passato, più possibilità di farlo e possa avere un ruolo più incisivo nella loro difesa. – segue