Diritti umani: cosa sono, come nascono

eleonor roosvelt con la dichiarazione universale dei diritti umani - 1948Luca Marchesini (coordinatore, 5^M) , Caterina Giuliani (5^M), Emma Cavarocchi (4^T)

I diritti umani: definizione

Il 10 dicembre 2012 si è celebrato il 64° anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti Umani. Ma qual è realmente l’oggetto di questa Dichiarazione? Per diritti umani si intendono quei diritti che appartengono a qualsiasi individuo a prescindere da razza, genere, età, religione, ceto sociale, orientamento sessuale e condizione economica. L’aggettivo sta proprio a definire che essi sono universali: devono (o dovrebbero) essere riconosciuti a ciascuno in ogni Paese, indipendentemente dal tipo di società e dalle sue caratteristiche.

Applicare la Dichiarazione universale dei Diritti Umani prevede infatti un “ordine sociale e internazionale” (art. 28) che ne garantisca l’efficacia. L’individuo è quindi “sottoposto solo a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà” (art. 29). Nelle Costituzioni dei singoli Stati si ritrovano infatti alcuni articoli della Carta Internazionale dei Diritti dell’Uomo redatta dall’Onu e concretizzata nei Patti del 1976 che rendevano esecutivi determinati diritti. Parliamo del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e del Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Con il termine Diritti Umani si intendono, però, anche molti altri concetti. Ad esempio, talvolta li si associa a quello di democrazia, o più comunemente giustizia e valori di una buona società. Ma questi sono solo eventuali sinonimi, che incarnano i principi espressi nei singoli articoli. Il nucleo essenziale è infatti sempre lo stesso: la demarcazione di una libertà in un qualsiasi campo specifico. Spesso si preferisce utilizzare il termine Diritti fondamentali, come nel caso della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata nel 2000, che riconosce una serie di diritti personali, civili, politici, economici e sociali ai cittadini e ai residenti dell’Unione europea. Tutti questi documenti mostrano comunque una cosa: la certezza che gli esseri umani sono, ovunque, dotati di diritti che hanno le seguenti caratteristiche: sono naturali, universali, inalienabili, indivisibili.

Le origini e lo sviluppo

Ma andiamo con ordine, cercando di ripercorrere qualche tappa delle origini dei diritti umani. Il primo documento inteso in questo senso, si ritiene sia stato il Codice di Ur- Nammu, re mesopotamico che, nel 2050 a.C., mise in forma scritta un insieme di norme e pene per diversi reati. Successivamente, sempre in Mesopotamia, fu redatto nel 1780 a.C. il Codice di Hammurabi. Anche qui, su una stele oggi conservata al Louvre, erano elencate una serie di norme legali con determinate casistiche e conseguenti pene.

Con lo “spostamento della civiltà” dalla mezzaluna fertile all’Ellade, troviamo le nuove legislazioni delle Polis e della Persia, influenzata dalla confinante Grecia. Importante allora il Cilindro di Ciro, testo scolpito nel 539 a.C. , in cui il sovrano persiano garantiva la libertà religiosa e aboliva i lavori forzati.  Il testo deve la propria notorietà proprio al fatto di essere considerato il primo riconoscimento ufficiale dei diritti umani nella storia. Tant’è che una copia del Cilindro è conservata nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York. Alcune parti dello scritto contengono, secondo gli studiosi, principi legati al concetto di “rispetto per l’umanità”.

Esistevano quindi, anche se non erano ancora definiti così, i diritti naturali. Si diffuse però in seguito l’idea di Giusnaturalismo, ovvero l’esistenza di una serie di diritti appartenenti a tutti gli uomini, semplicemente in quanto tali.

Un passaggio successivo di rilevante importanza fu la concessione della Magna Charta Libertatum (1215) da parte del re di Inghilterra Giovanni Senza Terra ai suoi sudditi. Il fratello di Riccardo Cuor di Leone, con questi provvedimenti, concedeva  a tutti i cittadini la possibilità di non essere arrestati o ritenuti colpevoli senza prima aver sostenuto un regolare processo.

Un documento importante che noi cittadini bolognesi dobbiamo ricordare è il Liber Paradisus, approvato dal Comune di Bologna nel 1257, primo atto di liberazione dalla schiavitù in Europa e nel mondo. Furono 5855 i servi liberati ai quali venne concessa, di fatto, la libertà.

Facendo un balzo in avanti, risulta significativa la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America nel 1776, dove viene affermata l’uguaglianza degli uomini e per la prima volta si parla di “diritto alla libertà, alla vita e alla felicità”. Immediatamente successiva fu la Rivoluzione Francese, nel 1789, che dopo la deposizione dell’Ancient Régime, segnò la nascita della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Vi si riportavano leggermente modificati gli stessi ideali già espressi nelle Americhe poco tempo prima, con alcune modifiche inerenti il diritto alla proprietà privata e alla sovranità del popolo.

Nell’epoca napoleonica gli ideali dei diritti appartenenti ad ogni singolo individuo si diffusero in tutta Europa, ma a causa della Restaurazione, ottennero un effetto pratico per i sudditi  solo dopo le nuove Costituzioni seguite ai moti del 1848. Infatti nelle Costituzioni liberali adottate in quegli anni nella maggior parte degli Stati europei, venivano messe in primo piano leggi che stabilivano l’uguaglianza dei cittadini dal punto di vista legale. In seguito, durante la Rivoluzione industriale i diritti dei singoli vennero a sovrapporsi coi diritti dei lavoratori, per contrastare i nuovi casi di schiavitù e sfruttamento.

Col nuovo Millennio, età di guerre e stermini, i diritti umani vennero pubblicamente calpestati. Ecco perché nel 1948 alla fine del Secondo conflitto mondiale e anche come reazione agli orrori dell’Olocausto, nasce l’idea di una Dichiarazione universale dei diritti umani. La sua elaborazione avviene nell’ambito di un’organizzazione, l’Onu, fondata per essere garante di democrazia e pace.

Nei 30 articoli della Dichiarazione del ’48, si stabilisce per la prima volta il concetto di universalità. Ci sono articoli che sanciscono la libertà e l’uguaglianza degli individui, leggi che garantiscono la proprietà privata e l’obbligatorietà di un regolare processo, il diritto di asilo,  la libertà di credo, la proibizione di schiavitù e tortura. Altri indicano la libertà di pensiero, di opinione e di associazione pacifica. Tutti questi diritti hanno avuto un ampliamento e chiarificazione in altri Documenti specifici negli ultimi anni, andando a costituire una rosa di leggi sempre più ampia.

Chiudiamo con questa riflessione: con il termine “diritti umani” non si intende “di un uomo”, ma “dell’uomo” in quanto tale. Ciò significa che tali diritti appartengono ad ogni cittadino del mondo. Eppure nell’unità si identifica un singolo e pertanto, sottraendo anche ad uno solo le sue libertà, se ne priva allo stesso tempo l’umanità intera.

Come ha affermato Norberto Bobbio. “Il problema di fondo relativo ai diritti dell’uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. È un problema non filosofico ma politico“.

Il problema non consiste tanto nella stesura delle leggi, quanto nella loro reale applicazione pratica. Infatti ancora oggi nel mondo ci sono diversi Paesi che non accettano o non applicano il riconoscimento di tali diritti e continuano a commettere crimini nei confronti dei singoli cittadini.

Dal Perù alla Birmania, dal Kenya alla Cina, ma anche nella nostra Europa, sono molti i casi di Paesi che fanno parte del mercato e della politica globale ma che continuano a non rispettare i diritti dei propri cittadini. Per questo motivo è soprattutto compito degli abitanti dei Paesi dove i diritti umani sono maggiormente tutelati, adoperarsi per promuovere il concetto che dovunque nel mondo ogni uomo è uguale e come tale deve veder riconosciuti i propri diritti fondamentali.

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